Eretta nella prima metà del Trecento in sobrie forme di matrice cistercense, la chiesa domenicana di San Pietro Martire era annessa a un convento, già fondato nel 1280, che fu sede del tribunale dell’Inquisizione. Sia l’esterno, sia l’interno a tre navate sono stati restaurati all’inizio del Novecento per recuperarne l’assetto originario. Vi si conservano numerosi frammenti di affreschi della prima metà del XIV secolo, riferibili a pittori lombardi influenzati dal linguaggio di Giotto.
Dalla parete esterna dell’abside, dov’erano stati murati forse nel 1817, provengono i resti di un polittico in terracotta di pregevole fattura posto ora al Museo e Tesoro del Duomo di Monza, probabilmente destinato in origine a uno degli altari posti all’interno. Accanto a tre frammenti della cornice e a due formelle con busti di santi, vi compaiono quattro elementi di maggiori dimensioni, identificabili con altrettanti scomparti dell’unico ordine dell’ancona. Entro nicchie coronate da conchiglie classicheggianti, vi sono modellati ad alto rilievo i santi Giorgio (o Michele), Paolo, Giovanni e un santo monaco (forse Pietro Martire), che pur nella diversità dei tipi, risultano accomunati dalla resa fortemente contrastata dei panneggi, dalla nervosa incisione dei tratti fisionomici e dalla ricca, straripante decorazione delle cornici. Caratteri, questi, che permettono di datarli al sesto decennio del Quattrocento e di attribuirli a un maestro lombardo non ancora identificato, autore anche di altri pregevoli pezzi, tra cui un polittico conservato nella chiesa parrocchiale di Mozzanica.
Allo stesso autore, ma non allo stesso gruppo, appartiene anche una bella Madonna inginocchiata. Pertinente forse a un altro polittico del medesimo edificio, si segnala per l’eleganza della posa e l’evidenza data alla cintura, che anche qui potrebbe rimandare al culto della Madonna della Cintola.