La terza parte della sezione Gaiani riguarda i manufatti giunti in Duomo durante il lungo periodo delle dominazioni spagnola e austriaca sulla Lombardia, quando l’edificio assunse il suo aspetto definitivo.
Primo promotore delle nuove trasformazioni fu l’arcivescovo Carlo Borromeo (1563-1584), che istituì il culto del Sacro Chiodo contenuto nella Corona Ferrea e ordinò al Capitolo di adeguare la fabbrica e la sua decorazione alle norme liturgiche stabilite dal Concilio di Trento. Avviati con gli affreschi delle testate del transetto (1556-80), gli interventi decorativi proseguirono tra il Sei e il Settecento nelle navate e nelle cappelle. Affidati ad alcuni tra i maggiori pittori lombardi dell’epoca e conclusi nel 1753, essi trasformarono il duomo in uno dei più fastosi monumenti della pittura barocca lombarda. Ne sono testimonianza i dipinti della quadreria esposti in museo, con opere, tra gli altri, di Moncalvo, Procaccini, Nuvolone e Sant’Agostino, cui si affiancano alcuni bozzetti relativi agli affreschi realizzati da Legnanino e Borroni.
Oltre alla decorazione pittorica e ad alcuni importanti interventi architettonici (nuovo presbiterio, torre campanaria, cripta, battistero), il rinnovamento della chiesa comportò anche quello dell’arredo liturgico. Nuovi manufatti confluirono perciò nel Tesoro, che tra il Sei e il Settecento si arricchì di uno splendido assortimento di reliquiari e suppellettili barocche, realizzate dai più rinomati orafi milanesi. Buona parte di questo materiale è inserito nel percorso museale grazie a un allestimento appositamente progettato per permetterne una fruizione ravvicinata e realmente immersiva.