Regina Teodolinda

Storia

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La cappella fu dipinta in due riprese tra il 1441-44 e il 1444-46 e, con ogni probabilità, da quattro diverse “mani”, che alcuni studiosi propongono di identificare con altrettanti membri della famiglia Zavattari. Sulla base di un’attenta analisi stilistica, essi ritengono infatti che la concezione generale e il progetto del ciclo vadano riferiti a Franceschino Zavattari, cui si deve anche l’esecuzione delle prime 12 scene; il cosiddetto “secondo maestro di Monza”, forse identificabile con Giovanni, avrebbe invece condotto quelle dalla 13 alla 34; a Gregorio spetterebbero quindi le scene dalla 35 alla 41, mentre il “quarto maestro di Monza”, forse Ambrogio, sarebbe l’autore delle quattro finali.

La scena 32, sulla quale compare la firma e la data 1444, è ritenuta da alcuni, oltre che uno dei vertici poetici del ciclo, anche il punto di snodo tra la prima e la seconda campagna pittorica, come attesterebbero anche recenti ritrovamenti d’archivio. Le 45 scene narrano la storia della Regina Teodolinda a partire dai resoconti storici di Paolo Diacono (VIII sec.), autore della Historia Langobardorum, e di Bonincontro  Morigia (XIV sec.), autore del Chronicon Modoetiense. Sviluppata su una superficie di circa 500 mq ed organizzata in cinque registri sovrapposti, la narrazione segue un andamento orizzontale da sinistra a destra, e dall’alto in basso, ed è così suddivisa: le scene dalla 1 alla 23 descrivono i preliminari e le nozze tra Teodolinda, principessa di Baviera, e Autari, re dei Longobardi, concludendosi con la morte del re; dalla scena 24 alla 30 sono raffigurati i preliminari e le nozze tra la Regina e il secondo marito Agilulfo; dalla 31 alla 41 sono raffigurate la fondazione e le vicende iniziali della Basilica di Monza, seguite dalla morte di re Agilulfo e della Regina; dalla scena 41 alla 45 è infine illustrato lo sfortunato tentativo di riconquistare l’Italia da parte dell’imperatore d’Oriente Costante e il suo mesto rientro a Bisanzio. Nello svolgersi delle scene, il ritmo del racconto si fa più lento o più serrato a seconda dell’importanza dei momenti narrati.

Ben 28 tappe del racconto sono inoltre dedicate a scene nuziali, relative ai due matrimoni della Regina: circostanza che porta a ritenere che i dipinti siano stati ideati anche come un omaggio a Bianca Maria Visconti, in base all’analogia che lega la regina longobarda alla duchessa lombarda, andata in sposa nel 1441 a Francesco Sforza, legittimandone così l’aspirazione a succedere a Filippo Maria Visconti nella dignità ducale di Milano. Molte sono le scene che riguardano la vita di corte – balli, feste, banchetti, battute di caccia – ma anche i viaggi e le battaglie, e numerosi i particolari sulla moda e i costumi dell’epoca presentati dai protagonisti: abiti, acconciature, armi e armature, suppellettili, atteggiamenti e attitudini. Tutto ciò fornisce uno dei più ricchi e straordinari spaccati della condizione e della vita di corte nella Milano del XV secolo, l’ambiente forse più europeo nell’Italia dell’epoca. Il complesso procedimento utilizzato dagli autori – nel quale convivono materiali e tecniche diverse come l’affresco, la tempera a secco, la pastiglia a rilievo, le dorature e le argentature in foglia – mostra la straordinaria versatilità operativa della bottega e risponde perfettamente al clima sfarzoso che dominava nelle corti e presso l’aristocrazia dell’epoca. Nell’altare della Cappella, realizzato nel 1895-96 in stile neo-gotico su progetto di Luca Beltrami, è custodita la Corona Ferrea, la più celebre e sacra tra le oreficerie del Tesoro del Duomo di Monza.